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LA CURA

248.MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA n. 24 – 05 set 2017

Mite è colui che sa portarsi al di là dei conflitti, che sa tenere gli occhi alzati e guardare oltre, che concede spazio, che contribuisce a far riprendere il dialogo, che semina comunione e, nella comunione, la gioia di stare insieme. Il più delle volte, il cuore guarisce quando guarisce la memoria, e la memoria guarisce dimenticando. Come sempre, ci si incontra a metà strada: da un lato, le memorie che ossessivamente ci riconducono il passato ; dall’altro, il bisogno di dimenticarlo, per ritrovare la pace. Dimenticare non significa cancellare le tracce incise nei neuroni della mente, non sarebbe possibile ; significa non identificarsi con ciò che ha procurato sofferenza, perché tutto ciò con cui ci identifichiamo ha potere su di noi. La sofferenza fa parte di noi ma non è noi.

L’esistenza è una serie ininterrotta di passaggi da una situazione a un’altra, da un equilibrio a un altro, dovuti alla crescita, all’ampliamento dell’esperienza o alle vicende della vita. Può capitare che in qualcuno di questi passaggi non si riesca a trovare un congruo adattamento al nuovo e a dare la risposta necessaria per ricuperare il normale equilibrio affettivo. Allora qualcosa si inceppa o si spezza ; la crisi, comprensibilissima, si acutizza, si cronicizza e si tramuta in nevrosi. Per C.G. Jung, la sofferenza in una nevrosi o <<la nevrosi stessa può essere definita un tentativo fallito di adattamento>>.

Le prime conseguenze sono un senso fallimentare di sé e un giudizio svalutativo sulla propria identità, con la conseguente impossibilità di vivere in armonia con se stessi. E se non si è in amicizia con se stessi non lo si è con nessuno. Il più delle volte non si è esclusi, ci si autoesclude, non si è soli, ci si sente soli. E neppure si è sconfitti : ci si sente sconfitti.

C’è una categoria di sconfitte e di vittorie che avvengono sul campo, nel contesto di circostanze e avvenimenti che non dipendono da noi. Ce ne sono altre che si decidono dentro di noi. Sono le più importanti perché concorrono, in misura preponderante, a costituire l’esperienza, il nostro sentire e il nostro sentirci.

Sperare può voler dire disperare per ventitre ore al giorno, ma per un’ora ribellarsi alla rassegnazione e alla resa. Quell’ora non ha prezzo ; quell’ora è la vita. In una poesia Pèguy dice che nulla dell’uomo stupisce Dio tranne <<la bimba speranza>>.

È una fede in sé e nel futuro che va letta da dentro. Come tutte le vicende umane in cui siano implicati l’amore e la fiducia, anche questa possibilità di prendere in mano le redini della propria vita e di darle un corso nuovo, si comprende solo da dentro. In molti casi, il futuro di una persona ha inizio con l’anticiparle – o anticiparsi – la fiducia.

Fidarsi è puntare su qualcuno, nel caso nostro, su sé stessi senz’altra garanzia che quella misteriosa speranza a credito che è la fiducia. Un sentimento strettamente imparentato con l’amore. Entrambi portano in sé le ragioni della loro certezza. E nessuno saprà mai dire se nasce prima l’amore o la conoscenza, se si ama perché si conosce o se si conosce perché si ama.

 

(brano tratto dal libro Cammino di guarigione interiore di Giuseppe Colombero )

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